Fetonte e il dono della ruota d’oro

» Posted by on Feb 5, 2017 | Commenti disabilitati su Fetonte e il dono della ruota d’oro

Barbadoro Imperatrice

Quello relativo all’origine dei Tarocchi è un argomento molto complesso, sul quale si sprecano le ipotesi più disparate ma poche sono le certezze. A tal proposito, ho trovato una tesi piuttosto suggestiva nel libro “I Tarocchi e il segreto della Ruota d’Oro”, scritto da Giancarlo Barbadoro e pubblicato da Keltia Editrice.

Barbadoro, scrittore e musicista, è autore di testi sul celtismo e sulle tradizioni dei Nativi europei, in cui ha raccolto le testimonianze e le esperienze delle antiche famiglie celtiche del Nord e del Centro Europa per dare continuità alla tradizione druidica.

In questo libro l’autore afferma che i Tarocchi potrebbero essere le pagine di un libro segreto che giunge dall’alba dei tempi, dalle mitiche origini dell’umanità. Certamente non si tratta solo di un gioco, bensì della manifestazione di una scienza spirituale ben precisa e antica quanto l’umanità; non solo uno strumento divinatorio, ma anche un mezzo grazie al quale ottenere una percezione metafisica superiore del mondo ordinario.

I Tarocchi – spiega l’autore – hanno un posto privilegiato nel Gran Sistema Iniziatico della Tradizione; essi costituiscono, ad esempio, gli elementi portanti della ruota cosmica degli Indiani d’America, nonchè i frutti simbolici dell’Albero della Vita della Qabbalah. La Qabbalah (=Tradizione) si riferisce ad una conoscenza segreta considerata antica quanto l’umanità. La sua origine storica si colloca, in effetti, ben più indietro rispetto alla cultura del popolo di Israele: era già conosciuta, con altro nome, presso le civiltà della Mesopotamia, dove i sacerdoti le attribuivano un’origine divina, affermando che erano stati gli angeli discesi dal cielo ad insegnarla agli uomini. Apparteneva anche alle conoscenze dell’antico Egitto: Mosè, quale principe egizio e membro della casta dei sacerdoti, ebbe forse occasione di approfondirla e trasformarla in un elemento proprio della cultura ebraica. La tradizione ebraica, in effetti, attribuisce proprio a Mosè l’origine della dottrina della Qabbalah: essa gli sarebbe stata trasmessa da Dio sul monte Sinai.

La Qabbalah sostiene che Dio, dopo aver tratto dal nulla l’universo, avrebbe dato vita a 22 archetipi che, uniti tra loro in varie combinazioni, crearono poi le manifestazioni di tutto ciò che esiste. Pronunciando nel giusto ordine il nome delle 22 lettere dell’alfabeto sacro, Dio avrebbe concesso all’universo di evolvere fino alla comparsa dell’uomo. Per questo, oggi, ognuno di noi può attivare interiormente il potere della Creazione avvalendosi dell’uso dei 22 archetipi, riprodotti anche all’interno dei 22 Arcani Maggiori dei Tarocchi.

Albero della Vita

L’immagine qui sopra raffigura l’Albero della Vita della Qabbalah: le 10 Sephirot (sfere) sono le emanazioni di Dio comprensibili all’individuo; i 22 segmenti che uniscono tra loro le Sephirot sono altrettanti sentieri o percorsi evolutivi che conducono l’Iniziato a realizzare la sua partecipazione alla natura del Tutto.

Dopo questa prima parte, il testo di Barbadoro si concentra in maniera più specifica sul tema delle antiche origini dei Tarocchi. L’autore, dunque, fa notare come le leggende di molti popoli naturali, dai Nativi europei agli Aborigeni australiani, parlino della discesa dal cielo, avvenuta in tempi antichissimi, di una conoscenza che rivoluzionò la storia del pianeta. Nella cultura giudaico-cristiana si fa menzione della caduta dal cielo di uno smeraldo che gli angeli dell’Eden affidarono ad Adamo ed Eva dopo averlo trasformato nella mitica coppa del Graal. Secondo l’ermetismo alchemico, a seguito della cacciata dall’Eden la coppa fu ereditata da Osiride ma andò perduta dopo la sua morte. In seguito, Artù e i cavalieri della Tavola Rotonda consacrarono la propria vita alla ricerca del Graal, per portarlo a Camelot e lì rinnovare il perduto Eden. L’Alchimia lesse nello smeraldo caduto dal cielo una fonte di conoscenza, associando la parola “Graal” all’acronimo “Gnosis Recepita Ab Antiqua Luce”.

Platone riportò nelle sue opere una leggenda assimilabile a quella del Graal: si tratta del mito del dio Fetonte, che con il suo carro celeste precipitò in una zona dell’Europa posta all’incrocio di due fiumi. Secondo le tradizioni druidiche della Valle di Susa in Piemonte, Fetonte non precipitò ma discese col suo carro dorato nell’area subalpina dove, alle pendici del monte Roc Maol (nome celtico del Rocciamelone), esisteva una confraternita di mestiere dedita alla fusione e lavorazione dei metalli. Fetonte insegnò agli uomini le scienze, la medicina e l’Alchimia dell’interiore: quest’ultima conferiva un significato spirituale al mestiere di fonditori della confraternita, in quanto l’estrazione dell’oro dalla roccia veniva assimilata all’emergere dello spirito dalle profondità della materia grazie alla pratica della meditazione. Al momento del congedo, il dio fuse una parte del suo carro dorato e ne ricavò una grande ruota forata, nella quale affermò di aver riposto tutta la conoscenza che intendeva donare all’umanità. I membri della confraternita portarono la ruota al Tempio del Fuoco sulle pendici del Roc Maol: nacque così la Scuola iniziatica del Fuoco, che sviluppò la dottrina alchemica della trasformazione della materia come simbolo della possibilità di condurre l’iniziato dalla qualità visibile a quella invisibile dell’esistenza. Questa Scuola divenne capostipite dell’Arte druidica che, nel corso dei millenni, si trasformò nell’Ars Regia dell’Alchimia.

Occhio_Maya

La ruota d’oro donata da Fetonte all’umanità conteneva 22 angoli segreti, nei quali era possibile leggere un’antica conoscenza: si trattava di 22 archetipi esperienziali che costituivano, nella loro globalità, un vero e proprio cammino iniziatico. Tali archetipi, inizialmente espressi tramite semplici segni grafici (chiamati “hat” nello sciamanesimo druidico), nel corso del tempo assunsero un aspetto sempre più elaborato, fino a sfociare nelle 22 lamine recanti immagini simboliche che diedero origine ai Tarocchi.

Barbadoro sottolinea inoltre come la ruota forata, ovvero un cerchio con un centro vuoto, sia anche il simbolo del Graal, manifestazione dell’insegnamento degli antichi druidi. Ci sarebbe, quindi, un filo logico che ricondurrebbe i Tarocchi alla leggenda del Graal; tale legame sarebbe, secondo questa interpretazione, evidenziato dai quattro simboli (spade, coppe, denari, bastoni) raffigurati sugli Arcani Minori: gli stessi simboli, infatti, compaiono nel “Roman de Perceval” di Chrétien de Troyes, testo del XII secolo in cui, per la prima volta nella storia, si parla ufficialmente del Graal.

Parsifal

Barbadoro ipotizza che gli Arcani Minori dei Tarocchi siano stati ispirati proprio dal “Roman de Perceval”, motivo per cui la loro creazione sarebbe successiva al XII secolo. A tal proposito mi permetto però di fare un’osservazione: poichè, come lo stesso autore afferma, i simboli della spada, del bastone, del denaro e della coppa hanno un’origine antichissima (appartenevano già alla tradizione druidica), nulla vieta che gli Arcani Minori siano stati realizzati ben prima che il poema di Chrétien de Troyes venisse alla luce; da questo discorso devonono comunque essere escluse le figure (Paggi, Re, Regine e Cavalieri), che sono state presumibilmente aggiunte al mazzo originario in epoca rinascimentale.

L’intera ricostruzione fatta da Giancarlo Barbadoro è interessante e suggestiva: in sostanza, l’autore ipotizza che gli archetipi esistenziali illustrati dagli Arcani Maggiori dei Tarocchi siano stati trasmessi all’umanità da parte di intelligenze superiori. Ma chi erano realmente costoro? L’autore preferisce non sbilanciarsi e questa fondamentale domanda resta, così, senza risposta. Si può ipotizzare – in maniera forse un po’ fantasiosa – che il dio Fetonte sia la raffigurazione mitologica di un personaggio reale di provenienza extraterrestre: del resto, alcuni studiosi di testi sacri come la Bibbia e i Veda indiani espongono ormai apertamente la convinzione in base alla quale gli dei adorati dai popoli antichi non sarebbero mere invenzioni ma, al contrario, esseri alieni realmente esistiti. Se invece preferiamo restare con i piedi per terra, possiamo semplicemente pensare che i Tarocchi abbiano avuto origine da un ristretto gruppo di eletti in possesso di una conoscenza segreta: grazie alla loro opera, tale sapienza sarebbe stata resa accessibile anche all’uomo comune. Si è trattato, in ogni caso, di un grande dono fatto all’umanità intera, un dono della Coscienza per la Coscienza.